Mi spiace, ma il POS non è obbligatorio

Mi spiace, ma il POS non è obbligatorio

Di Juri Rudi (originale qui)

Da più parti si legge che, dal 30 giugno 2014 (la data originaria  del 1° gennaio 2014 è stata prorogata dal c.d. “millerproroghe” – DL 30 dicembre 2013 n. 150, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014 n. 15, in vigore dal 1° marzo 2014), gli studi professionali e quindi anche quelli legali avrebbero dovuto obbligatoriamente munirsi di un POS al fine di ricevere pagamenti (superiori a 30 euro) mediante bancomat da parte dei clienti.

Tale notizia, che si è diffusa a macchia d’olio come si conviene ad ogni notizia sufficientemente allarmistica, è ovviamente infondata.

Infatti, contrariamente a quanto sostenuto da qualcuno (probabilmente non del tutto disinteressato alla diffusione di tale falsa credenza), non è obbligatorio avere il POS, ma soltanto accettare pagamenti elettronici, sicché -in definitiva- basterà essere dotati di una normalissima postazione Internet.

L’art. 15, co. 4, DL 179/12 (cosiddetto “Decreto Sviluppo bis“) infatti dispone:

A decorrere dal 1° gennaio 2014, i soggetti che effettuano l’attivita’ di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito.

La legge, insomma, non fa alcun cenno al Bancomat né al POS, ma parla molto più genericamente di “carte di debito“: il bancomat, che è certamente una carta di debito, non è tuttavia l’unica carta di debito, quindi il POS -che è certamente necessario per il bancomat- non è affatto necessario (cioè indispensabile) per le altre carte di debito, che infatti possono essere usate in mille altri modi, ad esempio tramite internet: per citare le due carte di debito più diffuse ed importanti, si pensi alla Mastercard e alla Visa (“Puoi usare una carta di debito o una carta prepagata per pagare da solo online”).

In buona sostanza, voler ricavare dalla citata norma di legge l’obbligo di utilizzare necessariamente il POS è quantomeno arbitrario in quanto, se fosse obbligatorio uno strumento di pagamento (perché, poi, proprio il POS?) lo dovrebbero essere anche TUTTI gli altri idonei ad usare le carte di debito (ad es. Internet). Evidentemente, quell’obbligo non riguarda lo strumento del POS in particolare, ma un qualsiasi strumento -ed anche uno solo di essi (giacché altrimenti dovrebbero essere obbligatori tutti indiscriminatamente)- che consenta di accettare pagamenti mediante carta di debito, come appunto stabilisce la legge. Internet va più che bene, insomma.

E’ pertanto irrilevante la recente bocciatura dell’emendamento alla Legge di Stabilità 2014 che aveva intenzione di rinviare l’asserito obbligo per i professionisti di dotarsi di Pos, salvo che la ratio di tale bocciatura non si voglia individuare nel fatto che, mancando appunto un obbligo da rinviare, l’emendamento era inutile e privo di oggetto. Altrettanto irrilevante, e per le medesime ragioni, è l’assenza del regolamento attuativo del preteso obbligo: non è certo per tale assenza che il POS non è obbligatorio, e certamente non lo diventerà quando il decreto attuativo dovesse essere emanato, trattandosi appunto di un mero provvedimento “attuativo” che non può costituire fonte ex se dell’obbligo in questione.

Mi dispiace, quindi, per quanti avevano sperato di imporre i propri POS alle migliaia di studi professionali (per altrettante migliaia di relative commissioni, a forfait o su singola transazione), così sottovalutando, però, il potenziale destinatario della legge stessa, lector in fabula.

P.S.
Sia detto per inciso: per quanto possa apparire strano ai non addetti ai lavori, l’espressione “sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito” (art. 15, co. 4, cit.) non impone l’obbligo giuridico di munirsi necessariamente di un qualsivoglia strumento idoneo ad accettare quei pagamenti elettronici: sarebbe ben strano, infatti, che il creditore fosse obbligato ad incassare i propri crediti. Tecnicamente (rectius: giuridicamente), quindi, pur a fronte della citata norma, ciascun professionista è sempre e comunque libero di dotarsi o meno di un qualsivoglia strumento idoneo a ricevere pagamenti dai propri clienti (internet, pos, ecc.), accettando il rischio di non poter incassare da chi pretendesse di pagare a quel modo.
La conseguenza della violazione di un tale “obbligo” (che in realtà è un onere), insomma, è la c.d. mora del creditore, al pari di quanto avviene ai sensi dell’art. 1206 cc per tutte le altre ipotesi in cui il creditore rifiuti pagamenti legittimi (ad es., in contanti sotto la soglia antiriciclaggio, assegni circolari, ecc.). E, ovviamente,  la mora del creditore di per sè non estingue certo il credito (quindi il cliente che non riesca a pagare in modo elettronico non è perciostesso liberato dal debito).
Altre conseguenze non ve ne sono. Tant’è vero che, non per niente, il predetto onere è infatti contenuto in una c.d. lex imperfecta, che appunto non prevede una sanzione per il caso di sua inosservanza. E, come detto, non potrebbe essere altrimenti, salvo stravolgere princìpi di diritto fondati su secoli di tradizione giuridica.
Ringrazio il collega Paolo Patacconi di Verbania per questa ulteriore considerazione.

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