Debiti e casa in comunione

Debiti e casa in comunione

Mio marito è socio illimitatamente responsabile di una società è stato dichiarato fallito.
La nostra casa coniugale, che è in comunione dei beni, sarà acquisita alla massa fallimentare?

Innanzitutto vi è da premettere che il fallito viene privato, a far data dalla dichiarazione di fallimento, della disponibilità e dell’amministrazione dei suoi beni, anteriori al fallimento e quelli che dovessero provenirgli durante la procedura.
Non sono invece compresi nel fallimento: i beni ed i diritti di natura strettamente personale; gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia; i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui bene dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall’art. 170 c.c.; le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.
Questione particolarmente dibattuta è invece la possibilità che la casa coniugale, in comunione dei beni, possa o meno essere acquisita dal curatore alla massa fallimentare.
Con una recentissima sentenza la Cassazione (6575/2013) ha affermato che la natura della comunione legale dei coniugi comporta che l’espropriazione per debiti personali di uno solo dei due abbia ad oggetto il bene nella sua interezza.
La Cassazione così statuendo ha aderito alla tesi della comunione legale come comunione <<senza quote>>, a differenza della comunione ordinaria.
La legge prevede che tale regime possa nascere solamente a seguito del matrimonio e con la titolarità esclusiva dei due coniugi; nessun altro soggetto può entrare nella comunione legale.
La Suprema Corte ritiene dunque che ammettere il pignoramento della casa coniugale <<pro quota>> corrisponderebbe a fare entrare un terzo nella comunione dei beni, in particolare sostituendolo al coniuge debitore.
In virtù di tale orientamento giurisprudenziale la comunione legale si scioglierà limitatamente al bene aggredito e sorgerà, nello stesso momento, il diritto del coniuge non debitore alla metà della somma ricavata dalla vendita del bene stesso.

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